Psicologia Emotocognitiva: il loop disfunzionale |
aggiornamenti sul modello teorico sistemico-relativista proposto dal Dott. Baranello |
Con il termine loop disfunzionale, in psicologia emotocognitiva, intendiamo un processo circolare per il quale la persona o meglio, il sistema di riferimento su cui interveniamo, si trova in un circolo vizioso fatto di comportamenti, pensieri e azioni proprie e del sistema relazionale e sociale in cui esso vive, che anziché risolvere il problema tendono al suo mantenimento e peggioramento.
Questo processo è coerente con la definizione di psicologia che noi oggi proponiamo discienza che studia i processi di organizzazione sistemica ovvero la scienza che studia il modo ed il come un sistema di riferimento si organizza per il proprio sviluppo e mantenimento. L'organizzazione psicologica viene definita disfunzionale quando a livello bio-psico-sociale non produce beneficio al sistema di riferimento.
Questo processo è coerente con la definizione di psicologia che noi oggi proponiamo discienza che studia i processi di organizzazione sistemica ovvero la scienza che studia il modo ed il come un sistema di riferimento si organizza per il proprio sviluppo e mantenimento. L'organizzazione psicologica viene definita disfunzionale quando a livello bio-psico-sociale non produce beneficio al sistema di riferimento.
Il loop disfunzionale è quindi quel processo ridondante che mantiene il problema nel qui-e-ora indipendentemente dalla ipotetiche cause che lo hanno inizialmente generato.
Questo importante viraggio dalle ipotesi eziopatogenetiche remote ai processi disfunzionali che mantengono sintomi, disturbi e problemi è ciò che ha reso l'intervento psicologico breve ed efficace nella remissione del disagio psicologico.
La psicologia emotocognitiva non crea infatti una netta distinzione tra determinismo e costruttivismo ma si colloca come ponte tra queste due visioni definendosi relativista.
Abbiamo infatti confermato l'esistenza di processi bio-psico-sociali che determinato lo sviluppo una psicopatologia, allo stesso tempo la risoluzione del problema non nasce dal riconoscere tali "cause" ma dallo scardinare il loop disfunzionale che ancora mantiene il problema oggi e che, come abbiamo detto, potrebbe aggravarlo in futuro.
Con questa concezione l'orientamento è verso il futuro e non cronicizzato verso il passato ovvero il passato viene utilizzato per comprendere i processi di funzionamento e quindi per fornire strumenti e nuove rappresentazioni al paziente o al cliente, al fine di riorganizzare in tempi brevi un processo da "disfunzionale" a "funzionale" ovvero da "contro me stesso" a "in mio favore".
Il trattamento psicologico in questo caso fa leva sul più importante sentimento umano che è il senso di volizione, ovvero la capacità di ognuno di noi di condizionare le proprie scelte e la propria vita. Tale sensazione è ciò che "muove" le azioni, i pensieri ed i comportamenti umani. Un difetto nello sviluppo di tale funzione è alla base della maggior parte delle forme psicopatologiche oggi diagnosticabili.
Questo importante viraggio dalle ipotesi eziopatogenetiche remote ai processi disfunzionali che mantengono sintomi, disturbi e problemi è ciò che ha reso l'intervento psicologico breve ed efficace nella remissione del disagio psicologico.
La psicologia emotocognitiva non crea infatti una netta distinzione tra determinismo e costruttivismo ma si colloca come ponte tra queste due visioni definendosi relativista.
Abbiamo infatti confermato l'esistenza di processi bio-psico-sociali che determinato lo sviluppo una psicopatologia, allo stesso tempo la risoluzione del problema non nasce dal riconoscere tali "cause" ma dallo scardinare il loop disfunzionale che ancora mantiene il problema oggi e che, come abbiamo detto, potrebbe aggravarlo in futuro.
Con questa concezione l'orientamento è verso il futuro e non cronicizzato verso il passato ovvero il passato viene utilizzato per comprendere i processi di funzionamento e quindi per fornire strumenti e nuove rappresentazioni al paziente o al cliente, al fine di riorganizzare in tempi brevi un processo da "disfunzionale" a "funzionale" ovvero da "contro me stesso" a "in mio favore".
Il trattamento psicologico in questo caso fa leva sul più importante sentimento umano che è il senso di volizione, ovvero la capacità di ognuno di noi di condizionare le proprie scelte e la propria vita. Tale sensazione è ciò che "muove" le azioni, i pensieri ed i comportamenti umani. Un difetto nello sviluppo di tale funzione è alla base della maggior parte delle forme psicopatologiche oggi diagnosticabili.
Presentiamo lo schema originale semplificato del loop disfunzionale in psicologia emotocognitiva e poi spiegheremo il suo funzionamento dimostrando che la maggior parte dei disturbi clinici come i disturbi d'ansia quali fobie, attacchi di panico, ossessioni e compulsioni, disturbo post-traumatico da stress e problemi correlati a stress, le alterazioni dell'umore, i disturbi somatoformi quali ipocondria, dismorfismo corporeo, somatizzazioni; le disfunzioni sessuali come i disturbi del desiderio, dell'eccitazione, dell'orgasmo e da dolore sessuale, i disturbi del comportamento alimentare quali anoressia, bulimia e abbuffate e la maggior parte dei problemi psicologici e psico-sociali fino ai più importanti disturbi di personalità, possono essere ricondotti a questo schema di funzionamento e quindi trattabili efficacemente con il solo colloquio psicologico. Per i disturbi di personalità il concetto di conflitto attuale va inquadrato sotto un'ottica più complessa di quella qui presentata. Lo schema del loop disfunzionale ed il concetto di conflitto attuale rimangono comunque validi nella loro struttura generale.
Lo schema rappresenta un modello di funzionamento. Il clinico terrà conto della complessità delle esperienza di ogni singolo paziente in quanto unico modo per scardinare i processi ridondanti di mantenimento del problema. Un intervento psicologico, lo ricordiamo, è estremamente personalizzato.
Lo schema rappresenta un modello di funzionamento. Il clinico terrà conto della complessità delle esperienza di ogni singolo paziente in quanto unico modo per scardinare i processi ridondanti di mantenimento del problema. Un intervento psicologico, lo ricordiamo, è estremamente personalizzato.

Come lo psicologo può notare le ipotesi eziologiche e patogenetiche possono spiegare la comparsa dei sintomi e del disturbo (indicato nello schema dalla lettera S) soltanto la prima volta, ovvero all'inizio della sua evidenza. Successivamente alla comparsa di un sintomo o di un complesso di sintomi ovvero di un disturbo mentale, di una forma psicopatologica, o di un problema psicologico o psico-sociale, l'organismo inizia a mettere in atto una azione derivante dalla percezione che quel sintomo costituisca un problema da risolvere.
In realtà i sintomi ed i disturbi nascono da un tentativo autonomo, che definiamoinvolontario, dell'organismo di risolvere degli stati di tensione che vengono autopercepiti (soprattutto a livello non cosciente) come pericolosi per l'incolumità dell'organismo stesso.
I sintomi producono sofferenza e disagio.
La risposta della persona rispetto alla sofferenza che percepisce è quella di ridurre tale sofferenza al più presto. Infatti il problema non è più il sintomo ma la sofferenza che tale sintomo, tale disturbo o tale problematiche causano.
Al fine di provvedere alla riduzione della sofferenza generata dal problema il paziente mette in atto delle azioni, dei pensieri e dei comportamenti sia a livello personale che psico-sociale (va infatti valutato anche cosa fanno gli altri ovvero il comportamento, in risposta al problema, dell'ambiente in cui il paziente vive). Queste azioni vengono definite volontarie.
Inizia a generarsi quello che definiamo il conflitto attuale.
Il conflitto attuale si genera tra una tendenza involontaria dell'organismo a generare i sintomi e dall'altra una tendenza volontaria dello stesso organismo nel contrastare questi sintomi. Ecco che la persona in genere sperimenta una sensazione che può far dire al paziente "è più forte di me".
Questa esperienza psicofisiologica intacca il "senso di volizione" riducendo l'aspettativa dell'organismo di riuscire a farcela da solo (i sintomi depressivi secondari a molti disturbi d'ansia nascono da questo processo).
Questo conflitto però aumenta le tensioni centrali e periferiche rispetto al sistema nervoso. Tali tensioni raggiungono presto un livello di soglia (dinamico, diverso da momento a momento e da persona a persona) per cui l'organismo metterà in atto l'unico modo che ha trovato per risolvere le tensioni, ovvero i sintomi. L'azione involontaria, in quanto generata dall'organismo, ed essendo la soluzione alle tensioni a-specifiche vissute dall'organismo stesso, vince sempre rispetto all'azione volontaria di controllo.
Per fare esempio proviamo a trattenere il respiro. Ad un certo punto la carenza di ossigeno crea delle tensioni nell'organismo che automaticamente ed in modo involontario, costringe la persona a respirare. Questo perché se non si respirasse l'organismo morirebbe. La tendenza dell'organismo è quella di mantenere le proprie funzioni.
I sintomi, il problema, il disturbo, anche se può sembrare assurdo, sono la soluzione che l'organismo mette in atto per risolvere un problema, una tensione psicofisiologica ovvero diremo che i sintomi hanno un senso di esistere e che tale senso non è detto che sia negativo. Mentre è l'azione di controllo di tale soluzione che produce l'aggravamento o il mantenimento del problema.
Come si vede dallo schema il tentativo di risoluzione della sofferenza crea quel conflitto attuale che aumenta le tensioni ed incrementa la necessità del sintomo di esprimersi (a volte più violentemente o con più enfasi).
In realtà i sintomi ed i disturbi nascono da un tentativo autonomo, che definiamoinvolontario, dell'organismo di risolvere degli stati di tensione che vengono autopercepiti (soprattutto a livello non cosciente) come pericolosi per l'incolumità dell'organismo stesso.
I sintomi producono sofferenza e disagio.
La risposta della persona rispetto alla sofferenza che percepisce è quella di ridurre tale sofferenza al più presto. Infatti il problema non è più il sintomo ma la sofferenza che tale sintomo, tale disturbo o tale problematiche causano.
Al fine di provvedere alla riduzione della sofferenza generata dal problema il paziente mette in atto delle azioni, dei pensieri e dei comportamenti sia a livello personale che psico-sociale (va infatti valutato anche cosa fanno gli altri ovvero il comportamento, in risposta al problema, dell'ambiente in cui il paziente vive). Queste azioni vengono definite volontarie.
Inizia a generarsi quello che definiamo il conflitto attuale.
Il conflitto attuale si genera tra una tendenza involontaria dell'organismo a generare i sintomi e dall'altra una tendenza volontaria dello stesso organismo nel contrastare questi sintomi. Ecco che la persona in genere sperimenta una sensazione che può far dire al paziente "è più forte di me".
Questa esperienza psicofisiologica intacca il "senso di volizione" riducendo l'aspettativa dell'organismo di riuscire a farcela da solo (i sintomi depressivi secondari a molti disturbi d'ansia nascono da questo processo).
Questo conflitto però aumenta le tensioni centrali e periferiche rispetto al sistema nervoso. Tali tensioni raggiungono presto un livello di soglia (dinamico, diverso da momento a momento e da persona a persona) per cui l'organismo metterà in atto l'unico modo che ha trovato per risolvere le tensioni, ovvero i sintomi. L'azione involontaria, in quanto generata dall'organismo, ed essendo la soluzione alle tensioni a-specifiche vissute dall'organismo stesso, vince sempre rispetto all'azione volontaria di controllo.
Per fare esempio proviamo a trattenere il respiro. Ad un certo punto la carenza di ossigeno crea delle tensioni nell'organismo che automaticamente ed in modo involontario, costringe la persona a respirare. Questo perché se non si respirasse l'organismo morirebbe. La tendenza dell'organismo è quella di mantenere le proprie funzioni.
I sintomi, il problema, il disturbo, anche se può sembrare assurdo, sono la soluzione che l'organismo mette in atto per risolvere un problema, una tensione psicofisiologica ovvero diremo che i sintomi hanno un senso di esistere e che tale senso non è detto che sia negativo. Mentre è l'azione di controllo di tale soluzione che produce l'aggravamento o il mantenimento del problema.
Come si vede dallo schema il tentativo di risoluzione della sofferenza crea quel conflitto attuale che aumenta le tensioni ed incrementa la necessità del sintomo di esprimersi (a volte più violentemente o con più enfasi).
A questo punto inizia il processo circolare che abbiamo definito loop disfunzionale. Lo psicologo può notare che ora, indipendentemente dalla "cause" (ipotetiche) che hanno scatenato il problema od il disturbo la prima volta, ora ciò che va risolto è proprio il loop disfunzionale, ovvero si deve lavorare necessariamente sulle azioni volontarie del sistema cercando, ad esempio, di cambiare prospettiva al paziente trasformando le azioni tese alla riduzione dei sintomi (che producono effetti soltanto a breve termine ma che aggravano il problema nel corso della vita) da "rassicuranti" a "dannose per il soggetto".
Lo psicologo attraverso tecniche razionali del colloquio psicologico inizierà un processo che deve necessariamente essere rapido (tra le 4 e le 10 sedute anche se il 50% del lavoro va fatto tra la prima e la seconda seduta) che abbiamo definito tecnica del primo passo. Si tratta di scardinare il loop disfunzionale ed aprire la strada a nuove e più efficaci soluzioni. Soltanto a questo punto si procede con il trattamento di problematiche e sintomi specifici e quindi al ripristino completo del senso di volizione.
Lo psicologo attraverso tecniche razionali del colloquio psicologico inizierà un processo che deve necessariamente essere rapido (tra le 4 e le 10 sedute anche se il 50% del lavoro va fatto tra la prima e la seconda seduta) che abbiamo definito tecnica del primo passo. Si tratta di scardinare il loop disfunzionale ed aprire la strada a nuove e più efficaci soluzioni. Soltanto a questo punto si procede con il trattamento di problematiche e sintomi specifici e quindi al ripristino completo del senso di volizione.
Rompendo lo schema circolare di tipo psico-sociale che mantiene sintomi, problemi, disturbi e disagio in generale, si impedisce definitivamente alle ipotetiche cause che hanno generato la prima volta il problema di produrre tali effetti. Il processo è del tutto simile a quello che accade quando un organismo crea anticorpi dopo avere avuto una malattia di origine virale. Infatti lo stesso organismo potrà essere soggetto alle stesse cause ma tali cause non sono più in grado di generare patologia o sintomi. Di fatto la persona è guarita.
Questo è un modello innovativo, molto complesso, e di tipo psicofisiologico.
Quello che infatti attraverso il colloquio psicologico andiamo a riorganizzare sono proprio processi fisiologici. Ricordiamo infatti che un'espressione sintomatologica ha a monte sempre una modificazione fisiologica ma che tale modificazione disfunzionale è stata resa possibile da un processo di organizzazione sistemica che definiamo "psiche". Quindi utilizziamo gli stessi processi psichici che hanno generato la modificazione fisiologica che ha prodotto il sintomo od il disturbo per ripristinare valori nella norma e quindi riorganizzare in modo funzionale e sano il sistema eliminando così il disturbo senza uso di farmaci.
Quello che infatti attraverso il colloquio psicologico andiamo a riorganizzare sono proprio processi fisiologici. Ricordiamo infatti che un'espressione sintomatologica ha a monte sempre una modificazione fisiologica ma che tale modificazione disfunzionale è stata resa possibile da un processo di organizzazione sistemica che definiamo "psiche". Quindi utilizziamo gli stessi processi psichici che hanno generato la modificazione fisiologica che ha prodotto il sintomo od il disturbo per ripristinare valori nella norma e quindi riorganizzare in modo funzionale e sano il sistema eliminando così il disturbo senza uso di farmaci.
Baranello, M. (2006)
Psicologia Emotocognitiva: il loop disfunzionale.SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).Roma, 10 marzo 2006
Psicologia Emotocognitiva: il loop disfunzionale.SRM Psicologia Rivista (www.psyreview.org).Roma, 10 marzo 2006
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