mercoledì 10 febbraio 2010

Alcuni errori in ambito terapeutico nella cura dei dca - istruzioni per l'uso

GLI ERRORI PIU' COMUNI NELLA FASE DI RESTITUZIONE FINALE


  • Lasciarsi coinvolgere emotivamente dal paziente e/o dai suoi familiari dimenticando il proprio ruolo professionale. In questa sede, non si tratta di saper strutturare o meno l'empatia necessaria per un efficace rapporto terapeuta/paziente; bensì di una proiezione del terapeuta dei propri vissuti, affettivi i propri pregiudizi e resistenze, le proprie paure e incapacità sulla relazione terapeutica, spingendo ad una visione acritica e soggettiva della situazione.  
  • Tentare di gestire in via privata ed esclusiva un paziente critico. Non tutti i terapeuti, hanno una preparazione specifica, tale da consentirgli di gestire e riconoscere un paziente a rischio dca o con un dca in corso.  Il buon terapeuta che riconosce i propri eventuali limiti formativi, non solo fa ciò che deontologicamente parlando è più corretto, ma spesso fa la differenza tra la possibilità di cronicizzare il dca e la salute e nei casi più gravi, tra la vita e la morte. 
  • Prescrivere una dieta ad un paziente con DCA. Purtroppo, il gruppo Lilith sa che è l'errore più frequente. Errore che spesso si trasforma in fattore precipitante per il paziente e ed in elemento che compromette irrimediabilmente l'esito della terapia e la possibilità di guarigione del paziente stesso. 
  • Prescrivere psicofarmaci senza supporto specialistico. Nostro malgrado è quasi consuetudine, sia tra i medici di famiglia, sia tra alcuni terapeuti. 
  • Reagire alla frustrazione derivante dal rapporto con pazienti con DCA arrabbiandosi, o, viceversa, assumendo un atteggiamento eccessivamente distaccato o prescrittivo
  • Ricattare il paziente denutrito costringendolo a mangiare esponendolo così a rischio di sviluppare una sindrome da rialimentazione. Statisticamente parlando la possibilità di sviluppare un comportamento bulimico per una anoressica è altissima, questa percentuale sale vertiginosamente se il paziente è costretto a mangiare con la forza. 

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