domenica 7 febbraio 2010

I gruppi di mutuo aiuto e l'utilizzo dei farmaci nella gestione del dca

Dal punto di vista psicoterapeutico, merita un particolare plauso l’approccio recentemente utilizzato per i vari tipi di disturbi psicogeni dell’alimentazione: la partecipazione a uno dei numerosi gruppi di “auto-mutuo-aiuto”. Come già visto per l’anoressia, quest’ultima terapia consiste nella condivisione con gli altri dei propri stati emotivi e del proprio vissuto, grazie anche all’intervento di un soggetto terzo che svolge la delicata funzione di “moderatore” o, meglio, di “facilitatore”, considerata la tipica difficoltà dei bulimici di aprirsi al mondo esterno. I gruppi di “auto-mutuo-aiuto” si stanno diffondendo in molte città italiane e perfino la rete di internet sta implementando siti appositi, dotati di community e simili strumenti che permettono un dialogo che, proprio perché “virtuale”, talvolta è accettato dal paziente con minore disagio.
 In merito all’utilizzo di farmaci, solo una parte della medicina reputa utile somministrarne, soprattutto per periodi troppo prolungati; in ogni caso, spetterà allo specialista tenere conto di tutte le condizioni del caso concreto e, solitamente, saranno privilegiati gli altri tipi di terapia. Gli antidepressivi, in particolare i c.d. SSRI (inibitori selettivi del ricaptazione della serotonina) sono i farmaci che, comunque, vengono maggiormente impiegati per la cura della bulimia. L’uso di siffatte specialità sortisce spesso effetti positivi, sia per l’azione a livello psicologico che per la tendenziale riduzione della frequenza di abbuffate e condotte compensatorie. Quanto alla prognosi, molto dipende dalle cause che l’hanno scatenata, dalla tempestività con cui la patologia è stata diagnosticata e, soprattutto, dalla reale volontà di guarire. La bulimia, comunque, può essere sconfitta, anche in maniera del tutto definitiva. Così come abbiamo visto per l’anoressia, infatti, specie se la malattia inizia a essere curata precocemente e la paziente collabora con coraggio e stimoli (sia da parte di chi le sta vicino, che, soprattutto, dal proprio interno, magari anche grazie al sostegno dei cari), si può completamente uscire dal tunnel, senza riammalarsi mai più. In altri casi, invece, a fasi di miglioramento, si susseguono fasi di riacutizzarsi del disturbo, mentre, nelle situazioni più gravi, in cui la paziente rifiuta di reagire, il decorso è inesorabile e il peggioramento ha un andamento continuo, in alcuni casi fino alla morte per denutrizione o per suicidio.


FONTE 
www.lasaluteinpillole.it

1 commento:

  1. L'anoressica è come un gattino inseguito da un cane, che per salvarsi salta su un'albero.
    Scampa il pericolo, vede tutto dall'alto, ha l'ILLUSIONE di tenere il mondo sotto controllo mentre gli altri lo guardano.
    Ma attenzione a NON RACCOGLIERE la sfida del gattino.
    Se resta sull'albero MUORE.
    Fabiola De Clercq

    Ciò non può avvenire con la sola parola, pur importante; Ci vuole una giusta, nonché corretta, dose di farmaco.

    RispondiElimina